
A cura di Armando Borrelli
PSG – Inter: 5-0
12′ Hakimi – 20′-63′ Doue – 73′ Kvaratskhelia – 86′ Mayulu
Dopo un lungo percorso, le luci si sono accese all’Allianz Arena di Monaco per dare vita alla finale di Champions League 2024/25 tra Paris SG e Inter, che viene dominata dai francesi che alzano la coppa al cielo dopo un netto 5-0.Una partita semplicemente senza storia, non solo per quanto espresso dal risultato, ma anche per quanto effettivamente visto in campo: i francesi sono stati semplicemente sempre padroni del gioco e del terreno di gioco, sia in fase di possesso palla, con una gestione del palleggio sapiente e oculata, sia in quella di non possesso, con una riaggressione molto alta già sulla difesa degli italiani, che ha portato all’incapacità di poter costruire dal basso da parte dei meneghini.Luis Enrique ha presentato la sua squadra con il consueto 4-3-3 con Donnarumma in porta e difesa con esterni di spinta (Hakimi e Nuno Mendes), il centrale tecnico Marquinos e il roccioso Pacho; a centrocampo agiscono Neves, Vitinha e Ruiz, a supporto del trio offensivo degli imprevedibili Doué, Dembélé e Kvaratskhelia. Inzaghi risponde con il consueto 3-5-2, recuperando praticamente tutte le pedine fondamentali: linea difensiva con Sommer in porta, linea a tre con Pavard, Acerbi e Bastoni; in mediana, Çalhanoğlu detta i tempi tra le mezzali Barella e Mkhitaryan, con il solito duo Dumfries-Dimarco sulle corsie esterne; in avanti spazio a Thuram e Lautaro Martìnez.Già dall’insolito calcio di inizio si capisce il piano tattico del Paris: palla direttamente in fallo laterale per andare a fare pressione nella trequarti difensiva dell’Inter che, di contro, lascia ai parigini libertà di palleggio finché la palla non giunge negli ultimi trenta metri, allo scopo di cercare il recupero palla e rapide transizioni. Partono meglio i francesi che flirtano con il gol con i tiri di Doué e Dembélé dalla distanza che impegnano Sommer, che però nulla può al 12′ sul tocco di Hakimi che, lasciato liberissimo a centro area su un cross basso di Doué, deve solo spingere il pallone in rete con il piattone destro. l rouges-et-bleus continuano a pigiare l’acceleratore anche dopo il vantaggio e, dopo un tiro a giro impreciso di Kvaratskhelia, al 20′ trovano anche il raddoppio: Barella prova a proteggere un calcio d’angolo in proprio favore ma si fa scippare il pallone da Nuno Mendes, la ripartenza parigina è rapidissima e letale, con tiro di Doué che, sporcato in maniera decisiva da Dimarco, termina alle spalle di un incolpevole Sommer. È notte fonda per l’Inter, che non riesce proprio ad entrare in partita, se non con i classici calci piazzati, con le incornata di Acerbi e Thuram, su angoli battuti da Çalhanoğlu e Di Marco, che non inquadrano di poco la porta.Il Paris è però vivissimo e super concentrato sul voler raggiungere l’obiettivo, con Kvaratshkelia che prova ad iscriversi nella lista dei marcatori a cavallo tra le due frazioni, ma con mira imprecisa.Inzaghi prova a cambiare qualcosa con le sostituzioni (da segnalare la sfortunata serata di Bisseck, che resterà in campo solamente 9′, dovendo uscire per un infortunio dopo aver rilevato Pavard), ma il copione tattico del match non cambia e le ripartenze francesi che continuano a essere letali: Acerbi che devia in angolo un tiro di Hakimi, ma i nerazzurri nulla possono sul filtrante di Vitinha che manda Doué a realizzare il gol che vale il 3-0.Luis Enrique concede la meritata standing ovation al mattatore della partita (doppietta e assist per il classe 2005), inserendo Barcola per l’ultimo quarto di gara, dimostrando di volere che la propria squadra continui a spingere e viene accontentato da Kvaratskhelia che, lanciato nuovamente uno contro uno con lo sfortunato Sommer, aggiusta la mira e sigla il 4-0.La reazione interista, e primo vero tiro in porta, giunge al 75′ con un piattone di Thuram respinto da un attento Donnarumma, che non si fa sorprendere poco dopo da un rasoterra dalla distanza di Zalewski. Barcola dà dimostrazione della sua classe, portando a spasso tutta la difesa interista prima di calciare incredibilmente sul fondo da ottima posizione, poi al trionfo parigino si iscrive anche Mayulu al minuto 87 che, da poco subentrato a Fabìan Ruiz, riempie nuovamente la rete su assist di Barcola.L’arbitro Kovács decide di non concedere nemmeno un secondo di recupero e al 90′ scatta la festa francese. Alzi la mano chi avrebbe mai detto all’inizio della competizione che i parigini avrebbero vinto: dopo la cessione di Mbappé al Real Madrid e soprattutto anche dopo la prima parte della League Phase, nessuno forse avrebbe probabilmente puntato anche solo un euro sui francesi, che invece si sono plasmati e concentrati a pieno nel progetto tattico di Luis Enrique e sono arrivati ad alzare la coppa. Finale più triste invece non poteva esserci per i nerazzurri, che, dopo le splendide emozioni regalate contro Bayern Monaco e Barcellona, cadono sul più bello, come accaduto tuttavia anche in Coppa Italia e campionato, andando a raggiungere un “triplete” al contrario, facendo invecchiare malissimo la risposta di Inzaghi – forse ironica, ma magari nemmeno troppo – ad un cronista. A questo si aggiunge l’onta di essere la squadra che ha subito il maggior scarto di gol in una finale di Champions League, perfetta fotografia della débâcle di questa sera.

INTER- PSG, LA FINALE
a cura di Armando Borrelli
Amici appassionati di Champions League, ci siamo! Il sipario sulla stagione 2024/25 sta per calare con un atto finale che promette scintille: Paris SG contro Inter. Il 31 maggio, la maestosa Allianz Arena di Monaco sarà il teatro di una sfida che non è solo una partita, ma un vero e proprio crocevia di storie, ambizioni e filosofie di gioco. E c’è un dato che aleggia nell’aria, un presagio storico che solletica la fantasia: Monaco, nelle sue precedenti quattro finali di Coppa dei Campioni/Champions League, ha sempre incoronato un vincitore inedito. Un sussurro del destino che il PSG, ancora a secco del trofeo dalle grandi orecchie, ascolta con particolare attenzione. Se da un lato del campo troviamo un’Inter che ha già inciso il proprio nome nell’albo d’oro della Champions League per ben tre volte, un club con una tradizione europea solida e recente (pensiamo alla finale del 2023), dall’altro c’è un Paris Saint-Germain che ha fatto del “sogno Champions” una vera e propria ossessione. Nonostante un dominio quasi totale in patria, con una bacheca nazionale stracolma (l’ultima Ligue 1 e la recente Coppa di Francia ne sono la prova), i parisiens inseguono ancora quel titolo continentale che manca, l’unico vero sigillo per consacrare anni di investimenti faraonici. Quella finale del 2020, persa contro il Bayern, è una ferita ancora aperta, un monito e al tempo stesso una spinta a credere che questa volta, magari con la “benedizione” storica di Monaco, possa essere quella giusta. Arrivare fin qui non è stato una passeggiata per nessuna delle due. Il PSG, pur non avendo avuto un percorso netto – come dimostrato da una League Phase che vedeva la squadra di Luis Enrique eliminata a 180′ dalla fine -, ha dimostrato di saper soffrire e di avere nervi saldi, superando ostacoli come il Liverpool ai rigori e gestendo con astuzia vantaggi risicati contro l’Aston Villa. La semifinale contro l’Arsenal ha poi messo in mostra una maturità tattica invidiabile.
L’Inter, dal canto suo, ha costruito la sua cavalcata su una solidità difensiva impressionante nella fase a gironi (solo un gol subito, amici!), per poi esaltarsi in scontri ad eliminazione diretta al cardiopalma. Basti pensare alla doppia sfida con il Bayern Monaco, vinta con un blitz proprio all’Allianz Arena, o a l’epica semifinale contro il Barcellona, decisa solo ai supplementari con una rimonta che ha fatto tremare gli spalti di San Siro, che rimarrà nella storia della competizione. Due percorsi diversi, ma entrambi costellati di momenti chiave che hanno forgiato la tempra di queste finaliste. Preparatevi a una vera e propria partita a scacchi tattica.
Da una parte, Luis Enrique ha trasformato il PSG in un’orchestra di movimento e possesso palla, un sistema fluido che punta a “soffocare” l’avversario con un pressing alto e una fitta rete di passaggi. Il loro 4-3-3 che si muta in un 2-3-5 in fase offensiva è un rebus difficile da decifrare, con individualità come Dembélé, Hakimi e un centrocampo dinamico pronto a illuminare la scena. Dall’altra, Simone Inzaghi ha costruito un’Inter che è una vera e propria “macchina tattica”, un blocco compatto che fa della solidità difensiva e delle ripartenze veloci le sue armi principali. Il loro 3-5-2 (che spesso si trasforma in un 5-3-2) è un muro difficile da scardinare, pronto a colpire con la velocità di Lautaro e Thuram non appena si presenta l’occasione. Sarà affascinante vedere se e come il palleggio avvolgente dei francesi riuscirà a penetrare la tela difensiva italiana, ma anche se e come le transizioni letali dei meneghini metteranno alla prova la linea alta dei parigini. Arriviamo al dunque, la domanda che ci attanaglia tutti: chi vincerà? Sulla carta, il talento offensivo del PSG e il loro recente dominio in Francia potrebbero far pendere l’ago della bilancia. Tuttavia, una finale di Champions League è un’altra storia. L’Inter ha dimostrato in questa stagione una resilienza e una capacità di esibirsi sotto pressione davvero impressionanti. La loro solidità difensiva, unita all’esperienza di aver già giocato una finale recente, potrebbe essere un fattore determinante. Certo, il PSG ha una fame incredibile di questo trofeo, e la “profezia” di Monaco potrebbe infondere loro una fiducia extra. Ma l’Inter di Inzaghi è una squadra cinica, pragmatica, che sa esattamente cosa fare in queste partite. Hanno costruito la loro cavalcata europea su una difesa di ferro e su un attacco capace di colpire al momento giusto. Considerando il percorso delle due squadre, la solidità difensiva dell’Inter e la loro comprovata capacità di gestire le partite ad alta tensione, potrebbero essere proprio i nerazzurri a sollevare la coppa. Non sarà una partita spettacolare dal punto di vista del numero di gol, ma una battaglia tattica intensa decisa da un episodio o da una giocata individuale, con l’esperienza della finale del 2023 potrebbe dare quel pizzico di consapevolezza in più agli uomini di Inzaghi. Amici della Champions League, preparatevi a una notte di emozioni indimenticabili. PSG contro Inter: la storia contro l’ambizione, la fluidità contro il muro, la fame contro l’esperienza. Nessun impegno per le 21 di sabato sera, se non quello di vedere chi avrà la meglio!
a cura della redazione
Eccoci giunti al verdetto finale della prima Champions “rafforzata”, obbligato viatico ad un effettivo campionato europeo per club. Dopo un positivo debutto sportivo della nuova formula, e in attesa dei necessari esiti finanziari, passiamo a valutare i due club che sono riusciti a superare i vari scogli ed assicurarsi il viaggio, breve, circa 500 kilometri per entrambi, verso l’Allianz Stadium, situato nel quartiere Frottmaning del capoluogo bavarese Monaco di Baviera.
Nelle nostre previsioni ferragostane il PSG veniva lodato per aver profondamente mutato pelle, dispettando l’epoca delle primedonne viziate e, in alcuni casi, attempate e sazie, per citare su una squadra giovane, dal notevole tasso tecnico e dall’indubbia fame. A questi, lungo il percorso, si è aggiunta un’altra “carta” importante, con le medesime caratteristiche, come il georgiano Kvara. A guidare questa truppa di poppanti, che scendono in campo sempre con un’età media sotto i 25 anni, una belva, perennemente affamata, come Luis Enrique, fra l’altro già vincitore Champions. Questa nuova versione del ricco club parigino ci è piaciuta subito e gli abbiamo assegnato una valutazione di 8/10 con prospettiva la finale. Ed eccoli qua, con in banca già il tredicesimo titolo nazionale assieme alla Coppa, e una finale Champions, la seconda della sua storia, da giocarsi da favorita. Certo che la regular season ha creato non pochi grattacapi al tecnico spagnolo che comunque ha utilizzato le prime cinque sfide, dove ha ottenuto la miseria di 4 punti, per mettere a punto la carburazione, fare qualche modifica di formazione, sopratutto nel vitale centrocampo, ed inserito nel motore un pistone come il georgiano. E magicamente dopo le prime cinque gare deficitarie, nelle successive otto ha ottenuto sei vittorie, condite da 24 reti, che gli hanno spalancato le porte della finalissima. Il club controllato dal Qatar arriva alla partita più importante della stagione in perfetto assetto, senza alcun problema fisico, con alle spalle un campionato vinto da tempo e che ha richiesto un minimo sforzo e un’agevole finale di Coppa nazionale che è servita giusto per rifinire la preparazione all’evento. Completamente diverso il percorso dei campioni italiani uscenti che, in modo opposto agli avversari, arrivano a Monaco con un altissimo tasso di usura e con niente nel carniere avendo via via fallito tutte le varie manifestazioni a cui si presentava da favorita ( campionato, Coppa Italia e supercoppa).
E dire che il percorso Champions è finora stato quasi senza macchie, chiudendo la League Phase al quarto posto e poi eliminando avversari sempre più insidiosi durante la fase ad eliminazione diretta. Durante la fase finale della stagione qualcuno aveva cominciato ad evocare il famoso triplete conquistato da Mourinho nel 2010 ma una squadra vecchia ( costantemente sopra i 30 anni di età media) e logorata, alfine si è già fatta sfuggire le due competizioni nazionali e rischia seriamente la famosa maledizione dello stesso Mourinho degli zeri tituli. Come dire che, dal triplete agli zero tituli, passa un attimo. Mentalmente e fisicamente la formazione nerazzurra arriva a Monaco molto peggio dei suoi avversari che però non dovranno sottovalutare l’orgoglio di una squadra che sente benissimo di essere giunta a fine corsa ma, proprio per questo, potrebbe lasciare un’ultima zampata, dopo aver vinto probabilmente molto meno di quanto era possibile. E siamo al capitolo allenatore, anch’esso forse giunto alla stazione finale della sua carriera in nerazzurro. Il nostro parere è che Simone Inzaghi abbia affrontato un capitolo della sua carriera troppo ambizioso per le sue, pur indubbie, capacità, perfeziondo le sue competenze durante la stagione interista, in questo aiutato non poco da un demiurgo come Marotta, ma alfine lasciando trasparire le sue deficienze rispetto ad allenatori più autorevoli e dalle maggiori doti tecnico/tattiche. Pensiamo che comunque vada la finale, la decisione migliore per tutti è che accetti il ricchissimo cachet offerto dai ricchi arabi e che monetizzi la sua carriera, trovando anche un ambiente meno sfibrante dopo i faticosi anni milanesi. Ma naturalmente l’esito della finale cambierà completamente l’annata, e la storia, dei due club che alle 21 di sabato prossimo si sfideranno in terra tedesca e di tutti i protagonisti che, around midnight, solleveranno l’amata coppa dalle grandi orecchie.